Probabilmente moltissimi, se non tutti gli appassionati di letteratura, conoscono i racconti de “Le città invisibili” di Italo Calvino, però forse è arrivato il momento di aggiungere al celebre libro un’appendice da intitolare “Le città del tempo perso”.
Come può nascere una città del tempo perso? Quando qualsiasi iniziativa che nasce al suo interno, a prescindere dal fatto che si tratti di cosa buona o sbagliata – ovviamente nel caso in cui sia buona la faccenda è più grave – diventa un problema intricatissimo, apparentemente irrisolvibile e tutte le questioni si complicano ben oltre il necessario e oltre ogni logica.
Nonostante le soluzioni siano spesso ovvie e di banalissimo buonsenso, nelle città del tempo perso quello che altrove sarebbe normale e di immediata attuazione qui magicamente diventa eccezionalmente complicato.
Sarà perché gli abitanti eleggono sempre rappresentanti fuori, se non all’opposto, di ogni criterio ragionevole. Anzi li eleggono scientemente sapendo già in partenza che una volta eletti faranno se va bene poco o nulla, se va male esattamente il contrario di quello per cui sono stati messi lì.
Ragion per cui si genera quel singolare fenomeno per il quale chi è eletto, automaticamente, non capisce – o fa finta di non capire – come mai lo è stato e chi lo ha votato si lamenta perché chi dovrebbe rappresentarlo tutto fa tranne che quello per cui è stato eletto, ma che l’elettore lagnoso sapeva già in anticipo che non avrebbe fatto o fatto male.
Ora, queste situazioni, più che a un romanzo del ligure Calvino sarebbero più adatte alle atmosfere siciliane di un Leonardo Sciascia o del suo più ironico quasi compaesano Andrea Camilleri, essendo il primo di Racalmuto e il secondo di Porto Empedocle, entrambi comuni agrigentini.
Forse dipende dalla genetica, visto che per secoli siamo stati feudo di nobili e notabili siciliani come testimoniano i nomi di storiche famiglie cittadine.
Ma con tutta questa filosofia, dove si vuol andare a parare chiederà giustamente chi legge. Mica sei uno di quelli dei giornali online che stigmatizzano (legittimamente) carenze e vizi della politica locale e regionale.
No, certamente, ma al punto ci arriviamo subito.
È notizia di questi giorni che la giunta comunale di Sulmona ha deliberato l’affidamento temporaneo all’associazione celestiniana, per la durata di sei mesi, la custodia e la gestione di tutta l’area che comprende strada di arroccamento, Chalet di Sant’Onofrio, il piazzale recentemente risistemato e intitolato dalla commissione toponomastica comunale a Margherita Guarducci, il sentiero e l’Eremo.
Certamente si tratta di una (mezza) buona notizia, soprattutto a ridosso del Natale, perché infonde una speranza – e, Dio non voglia, l’ennesima illusione – riguardo alla sorte di uno dei luoghi più importanti d’Abruzzo e che solo in una autentica “città del tempo perso” poteva subire un destino altrettanto travagliato.
L’auspicio ovviamente è che l’attuale amministrazione – infrangendo la tradizione invalsa nelle città del tempo perso di essere sempre peggiore di quella che l’ha preceduta – abbia la forza e la volontà di procedere celermente anche alla realizzazione del partenariato che prevede la gestione collettiva di tutta l’area celestiniana, in tempo per “sfruttare” almeno la maggior parte dell’anno del Giubileo 2025, che inizia tra pochi giorni con l’apertura della Porta Santa a San Pietro la vigilia di Natale.
È vero che nelle città del tempo perso lo sport più praticato è, ovviamente, quello di perdere i treni (ogni riferimento alla nuova stazione di Santa Rufina a Sulmona è puramente volontario) ma stavolta le conseguenze sarebbero davvero nefaste per tutto il territorio che di tempo, innegabilmente a causa di Sulmona, ne ha perso pure troppo.
Prima di chiudere devo ringraziare un valoroso e purtroppo ex funzionario del comune di Sulmona, il dott. Giancarlo Colaprete, che a questo progetto aveva creduto con entusiasmo e si prodigò per la sua realizzazione in misura tale che qualche amministratore con “vedute diverse” non gradì il suo impegno e non mancò di farlo notare.
Memore dell’Odissea, a conferma del suo attaccamento all’idea, è stato lui a mandarmi il link al video di YouTube che vedete sotto non appena letta la notizia dell’affidamento temporaneo.
Quindi, per concludere e consentire ai lettori di perdere utilmente tempo a rinfrescarsi piacevolmente la memoria, ripropongo una intervista rilasciata ad Onda TV “solo” dodici anni fa e nella quale sono ben rappresentati i risvolti tristi di una vicenda che si trascina ancora e che assegna a Sulmona il titolo di capitale delle città del tempo perso a pieno titolo.