L’area celestiniana e l’avversità degli Dei.

Il 14 maggio è apparsa sulla stampa locale, con clamore deflgrante, una notizia (leggere qui) secondo la quale non meglio identificati congiurati, convocati “a’umm ...
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Il 14 maggio è apparsa sulla stampa locale, con clamore deflgrante, una notizia (leggere qui) secondo la quale non meglio identificati congiurati, convocati “a’umm a’umm” dall’assessore alla cultura del comune di Sulmona, avrebbero partecipato a “riunioni segrete” per la destinazione dell’area celestiniana.

La cosa è già ridicola di per sé. Ma senza avventurarci in dietrologie e senza andare a rinvangare la lunga teoria di appuntamenti mancati, treni passati e, a volte, autentiche cantonate di cui la politica locale e specialmente quella sulmotina può fregiarsi da almeno venticinque anni a questa parte, non si può evitare di notare che l’autocastrazione è invero il nostro autentico sport nazionale, che da noi assurge quindi a vette di inarrivabile virtuosismo.

E non si tratta di una pratica che contraddistingue più una parte politica rispetto all’altra anzi: è patrimonio ampiamente condiviso lungo tutto quello che una volta si chiamava “arco costituzionale”, da destra a sinistra, passando per il centro e per gli eventuali civismi.

Insomma, una serie di fallimenti, mezzi fallimenti, fallimenticchi e pinzellacchere varie tali da aver incenerito in teoria e in sostanza le prospettive di futuro di una intera, litigiosa, disunita collettività, che quindi ha poco da lagnarsi. Se questo è il massimo che siamo capaci di esprimere c’è poco da fare, il destino è nelle mani degli Dei con i quali, evidentemente anche lì, non siamo riusciti a intessere collaborazioni vantaggiose al punto che perfino Pietro Celestino stesso si scoraggerebbe.

La faccenda è palese, altrimenti perché a L’Aquila c’è la sfarzosa Perdonanza a Collemaggio, riconosciuta dall’UNESCO (in buona parte anche grazie a noi poveri e sfigati celestini di periferia) e qui l’Eremo è chiuso perché il restauro degli affreschi finanziati dal FAI è misteriosamente fermo da mesi?

Né si potrebbe accedere al sentiero e all’area dello chalet di Sant’Onofrio perché ci sarebbe un cantiere (tutto detto fuor di ogni polemica, che nessuno ha visto non essendo segnalato né recintato) per il consolidamento della parete rocciosa soprastante.

Ma soprattutto perché, dal 2013, anno in cui dopo salti mortali carpiati e con avvitamenti vari riuscimmo a mettere il comune di Sulmona nelle condizioni di poter ritirare l’interdizione che da tre anni gravava su tutta la zona e perché, ad oggi, nonostante i lavori costati oltre 600 mila euro di denari pubblici (più altri 350 mila circa per il malandatissimo Campo 78), l’area storica, culturale e religiosa più importante d’Abruzzo sta ancora così?

Queste sono solo un paio delle domande che i consiglieri coinvolti avrebbero potuto rivolgere al sindaco, se avessero un minimo, reale interesse per le sorti di questo patrimonio collettivo. Così magari avrebbero anche capito perché quell’area non si può gestire con una procedura ordinaria.

Purtroppo, dal 2010, anno della fatidica prima ordinanza di chiusura, di cose ne sono successe parecchie. Pochissime quelle edificanti. Questa è solo l’ultima in ordine di tempo.

Si potrebbero rispolverare fatti, nomi, circostanze, responsabilità o, meglio, irresponsabilità varie e squallidi opportunismi. Inefficienze e ciecità della burocrazia locale o regionale, l’inutile supponente zelo delle soprintendenze o le sacrosante ragioni della fauna del Parco della Maiella che pur deve riprodursi in santa pace (pace che per noi, tra un po’, sarà eterna se si avverano le previsioni statistiche diffuse dalla vox clamantis in deserto di Aldo Ronci).

Però è evidente che si tratterebbe di un dispendio inutile di tempo, perché la saggezza popolare quando parla di asini e teste da lavare è perentoria.

La ragioni profonde invece, sia pure non esclusive, sono contenute in buona parte proprio nel retroterra culturale di quella notizia che citavamo all’inzio del post. Nell’involuzione del senso stesso del confronto o, se vogliamo, dello scontro politico.

Si può capire che il clima velenoso imperante in consiglio comunale provochi esasperazioni però, tanto per citare un altro proverbio: chi è causa del suo mal pianga sé stesso.

Non abbiamo idea di cosa sappiano o pensino la consigliera Di Rienzo ed i suoi colleghi Santilli e Di Rocco rispetto alla faccenda dell’Area Celestiniana, per cui soprassediamo.

Cosa diversa è per Teresa Nannarone e Maurizio Proietti, i quali invece hanno assoluta cognizione del fatto che se oggi ne possono parlare e metterla addirittura al centro di una violenta polemica, non è certo grazie alla politica, al comune o ad altri soggetti non meglio identificati.

Bensì esclusivamente grazie a questa associazione che da sempre, e sottolineo sempre, per statuto e da oltre un quarto di secolo opera per la salvaguardia di quell’area e per la corretta destinazione e trasparente gestione.

Come sappiamo pure che alla “riunione segreta” però fatta a porte aperte, erano presenti, oltre a noi celestiniani, alcune delle più attive e meritevoli associazioni cittadine.

Per cui hanno sbagliato clamorosamente la mira additando come scorretto il comportamento di Andrea Ramunno o ventilando conflitti d’interesse tra i fratelli Di Benedetto, Mimmo consigliere comunale PD e Carmine, presidente associazione fondazione per il Morrone.

E quali sarebbero? Quelli di andare a tagliare le erbacce o aprire i cancelli del semi abbandonato Campo ’78? Se ci vogliono andare loro mettiamo volentieri a disposizione anche guanti e attrezzi.

E, infine, cosa davvero grave e irresponsabile, tirando inopinamatamente in mezzo pure la segretaria comunale, che per il suo particolare ruolo di “notaio” dovrebbe astenersi da commenti di qualsiasi genere per non compromettere l’imprescindibile rapporto di fiducia con il sindaco. Creando, quindi, un vulnus di fatto riguardo alla terzietà dei pareri della segretaria nella produzione degli atti amminstrativi.

Insomma, altro non potendo o non sapendo o fingendo di non sapere, l’hanno buttata in caciara armando una questione priva di ogni fondamento.

Purtroppo non è la prima volta che accade una cosa simile: forse era il 2014 e un paio di consiglieri comunali di opposizione, pur di conquistare un titolo sui giornali, armarono una inutile polemica sulla demanialità dell’area dello chalet. Bloccando così l’iter concessorio che l’amministrazione aveva faticosamente riavviato e condannando l’area ad altri dieci anni di abbandono ed incuria.

L’auspicio è che non si tratti di una faccenda analoga. I consiglieri comunali, di minoranza in particolare, hanno il diritto-dovere di controllare l’esecutivo, ma sarebbe gravissimo strumentalizzare la cosa se si trattasse, come per la verità ai nostri occhi appare, dell’ennesimo tentativo di resa dei conti tra ex alleati.

Infatti l’opposizione di centrodestra accortamente tace.

Concludendo, in tanti anni, escludendo il nostro e il progetto del parco religioso di Franco Iezzi, mai abbiamo sentito nessuno, loro compresi, proporre una soluzione o interessarsi minimamente alla questione se non, appunto, per farne come stanno facendo adesso, strame quale pretesto di scontri politici.

Tanto i danni in termini di immagine, di mancate opportunità sociali ed economiche li pagano città e comprensorio.

L’Area Celestiniana non è né la centrale di compressione della SNAM né il rebus del COGESA né un pascolo che rischia di cadere in mano alle agro-mafie. A meno che non si voglia fare di tutta l’erba un fascio.

È invece una opportunità per questa città, per il suo circondario e per la regione Abruzzo che l’amminstrazione cerca, giustamente, di cogliere. Ma se l’approccio è quello che si legge tra le righe del comunicato riportato dai giornali, l’ennesimo autogol è in procinto di essere segnato.

Mutuando Nanni Moretti nel film “Bianca”: Continuiamo così, facciamoci del male.

Per cui, con tutto il rispetto che a noi in quanto sodalizio da sempre più direttamente impegnato invece è stato negato, cerchiamo di non “farci riconoscere”, di non essere ridicoli strappandoci le vesti e ventilando segreti di Pulcinella. Anche perché, poco più di un mese fa, il quotidiano “Il Centro” pubblicò una mezza pagina nella cronaca di Sulmona dove si dava notizia della proposta trasmessa al protocollo del comune dall’Associazione Celestiniana.

Se vogliamo parlare di qualcosa, parliamo di quello, che nelle prefetture hanno ben altro da fare.

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