Storia di QVINTO, un parco di storia e cultura nell’area celestiniana del Morrone – Parte 1

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Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo ci si è spesso interrogati su cosa fare di quei luoghi che tutti percepivano, con vari gradi di consapevolezza e per svariate ragioni, come assolutamente unici.

In origine ci fu il dibattito intorno alla destinazione dell’Abbazia Celestiniana di Santo Spirito a Morrone, dichiarata monumento nazionale nel 1902, che nel 1993 dopo ben 125 anni fu finalmente sottratta alla destinazione quale carcere penale. Grazie all’impegno di Alberto La Volpe, eletto deputato del PSI nel 1994 nel collegio di Sulmona, e di personaggi come l’allora sindaco Bruno di Masci e quindi di Filadelfio Manasseri sull’Abbazia furono accesi i riflettori e fu avviato un percorso per il suo recupero ed il suo restauro, iniziato con le risorse rese disponibili della legge Veltroni sui fondi del Lotto.

A loro va riconosciuto il merito indiscutibile di una notevole lungimiranza e dell’attivismo fattivo rivolto a restituire a Sulmona un monumento di straordinario valore e di grandi potenzialità progettuali.

Come pure vale la pena accennare al vero e proprio scontro che si scatenò nel 2006 tra il sempre vulcanico Franco Iezzi, allora ancora direttore del Nucleo di Sviluppo Industriale di Sulmona, e il prof. Mario Setta, ex parroco di Badia, poi tornato allo stato laico per via delle sue idee politiche, figura esemplare di intellettuale stimato a livello nazionale.

Iezzi, di certo ispirato dalla sua esperienza di cooperazione internazionale in Palestina, nel 2006 propose un mega progetto da oltre venti milioni di Euro per realizzare un parco religioso in cui riprodurre in scala tutti i principali luoghi della Terra Santa e farne una meta per un turismo internazionale e interreligioso, Setta si oppose fieramente rivendicando, con un punto di vista del tutto diverso, l’inviolabilità e la sacralità in senso ampio di quel pezzo di territorio. Gli scambi furono pesanti e ci fu una diffusa levata di scudi e persino una raccolta di firme degli abitanti della zona preoccupati per l’inevitabile sconvolgimento ambientale che l’intera zona avrebbe subito.

Un intervento dell’epoca riguardo il progetto di parco religioso a firma di Maria Rosaria Lamorgia*

*ex giornalista RAI e già Consigliera Regionale, è attualmente presidente dell’associazione “Il sentiero della libertà

Forse, come nella maggior parte delle circostanze, la soluzione stava nel mezzo e probabilmente il problema fu anche la rappresentazione di una visione “fuori scala” sostenuta dalla società di comunicazione che ne preparò il cosiddetto “concept”, penalizzando una idea che conteneva elementi interessanti. Pare che fosse coinvolta nel progetto anche una figura particolare, ovvero Davide Rampello, siciliano di Raffadali (AG) architetto, presidente della “Triennale” di Milano, regista e autore televisivo a Mediaset e molto, molto altro. Ma la cosa, guardandola col senno di poi, non giovò più di tanto.

Paradosso volle poi, e questa storia di paradossi è costellata, che successivamente Franco Iezzi diventato nel frattempo presidente del Parco Nazionale della Maiella, con la sua consueta abilità nel 2011 torna alla carica con un bel progetto, finanziato dalla Fondazione Telecom per circa 350 mila Euro, sugli eremi celestiniani e con una proposta per tentare di ottenere il riconoscimento UNESCO come patrimonio universale dell’umanità.

Però in quel momento l’eremo di Sant’Onofrio è ancora chiuso e il progetto finanziato da Telecom rischia addirittura di saltare risultando vani i tentativi di far ritirare l’ordinanza di chiusura dell’anno precedente. Emanata dal sindaco Federico su sollecitazione, risultata poi eccessivamente allarmistica, del geologo comunale e già vice-sindaco della città, Antonio Mancini, perché si erano paventati gravi rischi e la necessità di pesanti interventi di consolidamento di un chilometro e mezzo di parete rocciosa.

Parete che sta ancora lì, dopo quattro terremoti importanti dal 1984 al 2016, tuttora immobile, almeno dall’epoca in cui lo stesso Pietro da Morrone la frequentava assiduamente. Ma chi scrive non è geologo, per cui non è in grado di valutare se della faglia tettonica che sta sotto ci si possa fidare.

Malauguratamente a crollare invece, perché non adeguatamente supportata nonostante l’autorevolissimo comitato promotore, fu purtroppo la proposta del riconoscimento UNESCO.

L’unico risultato che si ottenne fu quello di dare un pretesto alla Regione Abruzzo, la quale tanto per togliersi il pensiero e non avere troppi fastidi, riclassificò l’area da rischio idrogeologico medio a rischio massimo, causando così il paradosso (un altro) che, invece dell’ottenimento di fondi per la messa in sicurezza, pose una pietra tombale sulle speranze di restituire al più presto il godimento dell’area per turismo e tempo libero ai tanti visitatori interessati.

Tra le altre vicissitudini, più o meno nello stesso periodo della querelle Iezzi-Setta, non ebbe miglior sorte il progetto di istituire presso l’Abbazia della scuola Superiore di Restauro, fortemente caldeggiato e sostenuto dalle Soprintendenze alle belle arti e dal comune di Sulmona (sindaco Franco La Civita), per il quale la Fondazione CARISPAQ era pronta a partecipare con alcuni milioni di Euro, ma che fu surrettiziamente ostacolata dall’allora presidente della Provincia dell’Aquila, Stefania Pezzopane, e dal troppo tiepido sostegno di Ottaviano Del Turco, presidente della Regione Abruzzo.

Episodio paradossale (ancora) e spiacevole per le modalità che contraddistinsero la vicenda, visto che l’istituzione data per certa fino all’atto della firma, fu mandata poi a vuoto per l’assenza mai giustificata delle due amministrazioni principali e lasciando con un palmo di naso quelli che al progetto avevano intensamente lavorato e creduto.

C’è da dire che, nel frattempo, se non fosse stato per l’idea di mettere dentro l’Abbazia la sede operativa del Parco Maiella e la sede distaccata della Soprintendenza BAAS, oggi diventata Polo Museale sotto la Direzione Regionale dei Musei d’Abruzzo, per i restauri seguiti con passione, dedizione e competenza da funzionari di grande serietà, cito tra tutti Anna Colangelo e Franco De Vitis, il nostro monumento nazionale avrebbe rischiato di cadere nell’abbandono più totale.

Ciononostante la valorizzazione dell’Abbazia resta un miraggio, perfino quando nel 2017 la giunta regionale guidata da Luciano D’Alfonso (Assessore al Lavoro il nostro Andrea Gerosolimo), celebra l’evento “Fonderia Abruzzo” proprio qui e annuncia uno stanziamento, che poi sarà di 12 milioni di euro inseriti nel Masterplan, per completarne il restauro e dargli finalmente una destinazione adeguata alla aspettative.

La sfortuna però perseguita il monumento ed assume imprevedibilmente le vesti di Lucia Arbace, già Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo, personaggio estremamente autorefereziale e poco incline a collaborare, troppo occupata in altre faccende per dare una seria svolta seria al futuro del sito.

Il caso volle però che la nuova sindaca di Sulmona, Anna Maria Casini, più pugnace e concreta come quasi tutte le donne amministratrici, ascoltò le nostre insistenze e prese le mosse dal progetto di distretto culturale presentato dalla Celestiniana nel 2011. Approvato in origine dall’amministrazione guidata da Fabio Federico, ripreso poi nel 2014 con una delibera di riaffidamento del sito dall’amministrazione successiva, capeggiata stavolta da Peppino Ranalli e affossata definitivamente in seguito alla volgare strumentalizzazione “politica” di un problema legato alla demanialità dell’area, eccepito per scopi tuttora inconoscibili dal consigliere comunale Luigi La Civita, e che provocò solo un ulteriore allungamento dei tempi per la risoluzione della questione.

Esposizione Statua Celestino V alla Rotonda - anno 2010
La statua per il monumento a Celestino V in attesa di collocazione con il comitato promotore ed esponenti dell’amministrazione comunale. Anno 2010.

Il sindaco Ranalli fu anche destinatario, per via della sua funzione sia chiaro, di due diffide stragiudiziali presentate (gratuitamente, a nome dell’associazione) dall’avv. Elisabetta Bianchi che, insieme al coniuge Carlo Speranza, autore (sempre a gratis) del protocollo di sicurezza tuttora in vigore sul sentiero dell’eremo, aveva preso a cuore la faccenda. Diffide riguardanti la richiesta di restituzione di somme che l’associazione Celestiniana aveva anticipato “sulla parola” nel 2013, durante il commissariamento post sindacatura Federico, per conto del Comune e mai più riavute. Ma su questo eventualmente torniamo successivamente.

La Casini, con molta determinazione bisogna riconoscerlo, riuscì a far destinare circa 1 milione di Euro dei 12 stanziati da D’Alfonso per un intervento di sistemazione dell’area chalet-eremo di S. Onofrio – ormai in abbandono in conseguenza della mai riattivata concessione alla nostra associazione – e per il recupero di una unità (peraltro nemmeno quella più significativa individuata in origine) delle ex baracche dei prigionieri del Campo 78.

Anche qui la sfortuna ci mette lo zampino, vuoi per una certa inerzia degli uffici comunali, vuoi per la fretta di assegnare l’incarico ad un progettista e non indire un concorso di idee, stante la strettezza dei tempi per rendere cantierabile e finanziabile l’intervento, il risultato non è esattamente quello auspicato.

Sotto il rendering del progetto originario proposto dall’arch. Antonio PizzolaSpazi Multipli (Roma)

Vista prospetto locali servizi igienici
Vista prospetto veranda/Dehors – 1
Vista plateatico in legno lamellare

Ciò nonostante gli sforzi e l’impegno quasi stoico dell’arch. Juan Campagna, sul quale era ricaduto infine l’incarico, lasciato praticamente a se stesso e sostanzialmente ignorato dall’amministrazione che, paradossalmente ancora una volta, lo aveva nominato.

Solo e con spirito celestiniano, il buon Campagna, a gestire i soliti problemi dei lavori in subappalto e l’ottusità burocratica di sovrintendenze e Regione a causa dei vincoli posti sul sito, soprattutto dopo il famigerato smottamento di sassi del 2010 che ne determinò l’improvvida chiusura. E parafulmine di lamentele e contumelie dei celestiniani per questioni che, in gran parte, non erano nemmeno di sua diretta competenza.

Nel 2020 accade l’imponderabile, pandemia da COVID19 e tutto si ferma di nuovo. A malapena si riescono a svolgere le fiaccolate per il Fuoco del Morrone ad apertura della Perdonanza celestiniana. Oltre sei milioni dei fondi del Masterplan dalfonsiano scompaiono, stornati con promessa di reintegro da parte della Regione Abruzzo per far fronte all’emergenza gravissima provocata dal virus.

Questa volta però la sfortuna non si accanisce troppo e il finanziamento per la sistemazione dell’area celestiniana e del Campo 78 si salva per un pelo.

Le carte camminano e il 22 aprile 2021, i lavori di sitemazione hanno inizio per concludersi formalmente a dicembre 2022, anche grazie ai buoni uffici dell’ex vice-sindaco e assessore ai LL.PP. Franco Casciani, all’assessora Catia Di Nisio, che in questa odissea ogni tanto fortunatamente riappare in vesti diverse, e all’interessamento concreto dei consiglieri comunali residenti nella zona.

Lo stato attuale dopo gli interventi di sistemazione

Si intravede già quale segnale preoccupante di imbrattamento nell’ultima foto, proprio all’ingresso dello chalet.

Comunque, per tornare a bomba, le cose che erano chiare da tempo, sempre nel movimentato 2006, anno della prima Estate Celestiniana divennero lampanti: l’abbazia da sola rischiava di essere soltanto una bellissima cartolina. Era necessario pensare in termini più ampi, sia pure con maggiore prudenza rispetto a quella definita nientemeno che dall’autorevole Corriere della Sera l’ambiziosa “Disneyland religiosa” di Iezzi… CONTINUA.

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