A Bugnara, nel centro studi dedicato alla memoria di Nino Ruscitti, da qualche tempo si succedono gli incontri de “La Primavera dei libri” una manifestazione dedicata a valorizzare autori, idee, temi e visioni. Prevalentemente rivolta agli autori legati al territorio ma non solo, sta assumendo un ruolo significativo riguardo alla scena culturale della zona e di stimolo al confronto su questioni e argomenti sui quali spesso è assente un confronto o un dibattito.

L’appuntamento del 19 maggio prossimo ci interessa da vicino perché punta l’attenzione su un volume pubblicato tempo addietro, scritto da Fabio Maiorano sotto l’egida de L’Accademia degli Agghiacciati, che mette finalmente dei paletti storicamente fondati su una serie di questioni che riguardano Celestino V, alias Pietro da Morrone. Spesso smontando leggende metropolitane, se non veri e propri falsi storici su un personaggio diventato quasi di moda e conteso in varia misura e con varie presunte legittimazioni da svariate comunità, avallate da fonti spesso dubbie quando non completamente inventate.
Per questo lo abbiamo definito come una sorta di “libro-verità”, alla cui genesi ha contribuito non poco anche l’orgogliosa sulmonesità dell’autore, arcistufo – come da egli stesso affermato in pubblico e in privato – delle strumentalizzazioni e delle più o meno volontarie inesattezze storiche su un personaggio di cui solo Sulmona può, legittimamente, rivendicare la cittadinanza.
Nella quarta di copertina del libro si legge questo:
«Chi è Pietro di Angelerio? È certo che sia nato in Molise da umili genitori? Perché si sa poco della sua infanzia, del paese natio, del convento che l’ospitò, dell’abito indossato e degli studi giovanili? La scelta eremitica sul Morrone e sulla Maiella è stata casuale? Perché è stato incoronato all’Aquila? La bolla della Perdonanza è autentica o apocrifa? È Celestino V l’autore del «gran rifiuto»? Perché quell’inquietante buco nel cranio? Come mai è sepolto a Collemaggio? L’insegna papale con il leone può dirsi “sua” oppure è un falso? Interrogativi a cui tenta di rispondere questo saggio che, basato su documenti d’archivio e su attendibili fonti bibliografiche, traccia una biografia “innovativa” di papa Celestino V, mettendo in discussione alcune vicende della sua vita e aprendo interessanti orizzonti di riflessione sulla sua parentesi umana, sul periodo in cui visse e sugli eventi che ne hanno condizionato le scelte: fatti esaminati con rigore scientifico, letti e interpretati nel rispetto delle fonti e collocati nel loro doveroso contesto storico».
Il saggio di Fabio Maiorano ha però una implicazione più ampia, di carattere politico se vogliamo, perché va a toccare indirettamente una questione delicata e annosa che riguarda il patrimonio e l’eredità culturale, monumentale e morale di Pietro Celestino, facendo da severo contrappunto alla funzione ed al ruolo assegnato dalla città di L’Aquila alla figura del santo, per i peligni soprattutto eremita, per gli aquilani soprattutto Papa.
Il libro è un modo per ricordare che Celestino V e quello che ruota intorno alla sua storia non va usato o abusato a cuor leggero, rispondendo a logiche dettate da ambizioni non sempre compatibili con il suo messaggio e, soprattutto, non distorcendo o ignorando a piacimento le evidenze che la storia comunque ha lasciato e che non possono essere eluse.