Oggi 23 ottobre la Chiesa Cattolica festeggia San Giovanni da Capestrano. In tutte le biografie questa straordinaria figura, figlia di una donna abruzzese e di un nobile tedesco, francescano dell’ordine dei Minori Osservanti viene descritta come santo, evangelizzatore e, attenzione, guerriero.
Aggettivo, quest’ultimo, che mal si accompagnerebbe con il saio indossato da Giovanni per quanto nella sua storia personale qualche ragione si potrebbe anche individuare, considerato il fatto che dopo la laurea conseguita a Perugia in diritto ecclesiastico e civile, diventa “capitano del popolo” per finire poi in prigione quando la città fu conquistata dai Malatesta.
In carcere avvenne la sua conversione e una volta sprigionato prese i voti nel monastero di Monteripido dove conobbe Bernardino da Siena – altra vecchia conoscenza degli abruzzesi aquilani in particolare – che dovette difenderlo da una accusa di eresia.
Finì per combattere le eresie in giro per l’Europa, purtroppo anche come inquisitore degli ebrei. Cosa che lo aveva reso particolarmente caro al culto presso i reali di Spagna, autori nel 1492, l’anno della scoperta dell’America, di una famigerata cacciata dei figli di Giuda dalla penisola iberica.
Tant’è che nei decenni successivi l’opera di evangelizzazione, in particolare del Messico e della California, fu operata principalmente proprio dai Minori Osservanti, che avevano in Francesco e Giovanni da Capestrano simboli esemplari e riferimenti dottrinari.
Non a caso nella contea di Orange, nel sud dello stato, c’è una cittadina grande più o meno come Avezzano chiamata San Juan Capistrano.
A tal proposito, se amate il suo genere letterario, potrebbe essere consigliabile la lettura del romanzo “Zorro, l’inizio della leggenda” di Isabel Allende, parla di tutt’altro ma è un modo leggero di conoscere il retaggio ispanico dello stato più ricco d’America..
Tornando a Giovanni, dopo aver pacificato le città di Ortona e Lanciano, in lotta da tempo, nel 1456 fu incaricato da Papa Callisto III di predicare la crociata contro l’impero ottomano che aveva invaso l’Europa orientale fin a Belgrado. Riuscì a raccogliere migliaia di volontari che scacciarono l’invasore. Giovanni, forse per via del sangue in parte teutonico e per la sua enorme fede, partecipò per mesi alla lotta, morendo però il 23 ottobre di quell’anno nell’attuale Croazia.
L’altro “guerriero di Capestrano” è più enigmatico ed ha una storia molto controversa.
Non è ancora del tutto chiaro se questo simbolo dell’Abruzzo, conservato presso il museo archeologico della Civitella a Chieti sia stato effettivamente un re o un capo dei popoli italici del suo tempo, il VI Sec. Avanti Cristo. Il famoso studioso Adriano La Regina attribuisce alla statua la raffigurazione funebre del re Nevio Pompuledio posta all’epoca sulla sua tomba.
Il manufatto diventa universalmente famoso quando l’allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, lo mostra al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, durante il G8 organizzato a L’Aquila dopo il terremoto del 2009.
È cronaca di questi giorni l’ipotesi ventilata dal regista Alessio Consorte il guerriero italico sia da considerarsi un falso realizzato in epoca fascista, addirittura per volere di Benito Mussolini, perché la regione Abruzzo non aveva un simbolo che la identificasse. Conosorte è stato diffidato dalla direttrice dei Musei d’Abruzzo, Federica Zalabra, per l’uso non autorizzato della foto del “guerriero” sulla copertina del documentario realizzato.
Ovviamente questa polemica nulla toglie al fascino della statua, la cui immagine condivide e raddoppia la notorietà di Capestrano, patria di due simboli inconfondibili della cultura del nostro Paese.