Il prossimo mercoledì, 26 febbraio, alle 16,15 è in programma come ultimo appuntamento invernale dell’Università sulmonese della Libera Età una “lezione” dedicata al progetto intitolato “QVINTO” ovvero un parco storico-culturale ispirato a Pietro da Morrone alias papa Celestino V.
Quella denominazione, quanto mai azzeccata, va attribuita all’architetto Antonio Pizzola che nella vita finge di fare il libero professionista ma in realtà, come succede per alcuni tra i troppi architetti che ho conosciuto nel corso degli anni, è qualcosa di più di un bravo progettista e molto meglio dell’adultescente “antagonista” che ha scelto come alter-ego dell’architetto l’autore delle (quasi) mai banali riflessioni a distanza, somministrate ai sulmonesi dalla rubrica “Il velo Pietoso” pubblicata su “Il Germe“.
Quelli che lo conoscono a fondo sanno però quanto sia legato a Sulmona e quanto ha creduto, procurandosi solo amarezze, che forse una salvezza per la sua città fosse possibile, magari facendo capire ai suoi abitanti che la solo la Cultura con la “C” maiuscola avrebbe potuto tirarla fuori dalle secche.
Ma come ricordavo all’inizio, a oltre tredici anni dalla gestazione di quella idea, di progetto stiamo ancora parlando. Le speranze di Pizzola e dei suoi collaboratori del laboratorio di idee che era e spero sia ancora SpaziMutipli a Testaccio, che nostro tramite regalarono al comune di Sulmona un progetto dedicato all’area dello Chalet di Sant’Onofrio elegante, sostenibile e moderno, tanto visionario quanto concretamente realizzabile – perché, va detto, Antonio su certe cose è anche molto concreto – si sono spiaggiate proprio su quelle secche che l’idea di QVINTO esortava a superare.
Tuttavia, quando ormai nessuno più ci credeva, quando dopo quasi quindici anni dalla prima ordinanza di chiusura per la “frana” sul sentiero che porta a Sant’Onofrio, quando dopo quattro consiliature comunali (Federico, Ranalli, Casini, Di Piero) e due commissari prefettizi, Guetta e l’attuale, quando dopo una sequela di richieste di adempimenti, diffide, di incontri con gli amministratori, di scontri addirittura politici, di disorientamento nella struttura comunale, di pasticci sui lavori realizzati con i fondi del masterplan, quando a combattere erano restati solo quei cinque o sei giapponesi della celestiniana, Pietro Celestino forse si è impietosito di quei pazzi e, tramite loro, perdonando i sulmonesi pur essendo stato da loro a lungo ignorato, deve averci messo lo zampino.
Sarà per questo che qualcosa, anzi più di qualcosa si sta muovendo. Ma per conoscere l’intera storia, del perché sia necessario e auspicabile un parco con queste caratteristiche e in questo territorio, che benefici possono scaturirne in termini economici e di qualità della vita, sarà necessario partecipare alla lezione del 26 febbraio prossimo.